Casa Nemorense

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venerdì, aprile 06, 2007

Andreotti "number nine... number nine..."


dal blog di Daniele Luttazzi:

“Anche a me risulta che Moro si sentisse scavalcato da Andreotti.”
Giovanni Pellegrino, presidente della Commissione Stragi
(La Repubblica, 18 aprile 2001)

“Simili emozioni credo di averle vissute quando mi comunicarono il rapimento di Moro.”
Giulio Andreotti a proposito dell’attentato al WTC
(Sette, 20 settembre 2001)

“Sì, è vero. Gli piacevo molto. Ebbe per me un sincero innamoramento.”
Rosanna Fratello a proposito di Aldo Moro,
(il Messaggero, 8 marzo 2002)

***

Venga, onorevole”, disse ad Andreotti Prospero Gallinari con tono deciso. “Non vorrei proprio perdere tutta la notte. Devo tornare a casa da mia madre.” Nella sua figura massiccia di terrorista c’era qualcosa di irrisolto. La replica di Andreotti fu venata da una nota di sarcasmo:”Deve tornare da sua madre? Non sapevo che voi brigatisti ne aveste una, eh eh eh.

Gallinari arrossì imbarazzato e distolse lo sguardo. “Stronzo! “ pensò. Succedeva sempre così: siccome era alto e aveva un pomo d’Adamo importante, lo trattavano da tonto. Una volta ne aveva parlato anche con Morucci, il quale non aveva mancato di rassicurarlo. “Conosci il tuo lavoro, hai talento e capacità; dimentica le insicurezze e vai avanti,” gli aveva detto il suo capocolonna con enfasi.

Gallinari si sforzò di indurire il suo faccino grazioso, ma che si può ottenere quando si ha un nasino all’insù punteggiato di lentiggini e labbra grandi e morbide? Andreotti nemmeno le notò, le sue lacrime.

Attraverso un corridoio male illuminato raggiunsero la porta interna del garage. Gallinari l’aprì, manovrò un interruttore e Andreotti si trovò davanti alla Renault rossa.

Il cadavere di Aldo Moro era caldo. Gallinari si voltò verso Andreotti. Lo sguardo di questi, dapprima sostenuto e quasi solenne, si addolcì piano piano. Il volto gli si schiuse in un sorriso, i denti smaglianti ancora più bianchi in contrasto con la pelle, abbronzata dal sole di Sicilia. Gallinari gli indicò il bagno ampio e lo spogliatoio con il fare delperfetto padrone di casa. “C’è tutto quello che le può servire, onorevole. Si metta a suo agio e si diverta. La casa è una vera fortezza, i Servizi deviati: nessuno la disturberà. Domattina sarà qui Adriana. Valerio le telefonerà per sapere se le occorre qualcosa.” Andreotti non fece in tempo a ringraziare che già Gallinari era sparito: aveva fretta di andarsene e, molto semplicemente, se n’era andato. Nessun mistero da chiarire.

Andreotti rimase per un po’ così, come sospeso fra il sonno e la veglia in quel silenzio assoluto. Poi s’avvicinò alla Renault , ne aprì il portellone, rimosse dal cadavere la coperta color cammello che la Skorpion di Moretti aveva trasformato in un sacco di Burri, si tolse gli stivaletti neri e si distese accanto a Moro. Avvertiva il fluire del sangue nelle proprie vene, il distendersi dei muscoli, il battito del cuore. Che bella cosa, essere vivi!

Quel che Moro aveva da offrirgli gli piaceva molto. Eppure la sua vicinanza lo turbava. Premuto contro il cadavere di lui, ne sentiva tutta l’autorevolezza e l’attrattiva. La stoffa dell’abito, fragile barriera imposta dalla civiltà, non gli impediva di apprezzare il fascino di quel corpo maschile nodoso e rattrappito. Ciò che più lo colpiva era la sensazione sconvolgente di dolcezza da cui era invaso. Si sentiva come un raggio di sole su una nuvola d’oro.

Fece scorrere le mani lungo il viso di Moro e fu più eccitante che negare di conoscere i Salvo. Era un paragone piuttosto stravagante, ma fu il primo che gli venne in mente. Gli accarezzò la gola, gli si aggrappò al collo e si impadronì con forza della sua bocca. Un sospiro profondo gli scosse il petto. Fu preso da un trasporto indicibile, era come in trance. Le sue labbra e le sue mani esploravano in un lento, dolcissimo viaggio ogni piega del cadavere. Quando con impeto crescente le sue dita raggiunsero l’interno delle cosce di Moro per insinuarsi con desiderio nella calda intimità dei fori di proiettile, Andreotti avvertì che il presidente della DC -l'ex presidente- era ormai senza più alcuna difesa. Gli sbottonò la camicia e la scagliò lontano. Finalmente poeva vedere quel petto a cui aveva tanto spesso rivolto il pensiero: era ornato nel mezzo da grappoli di orifizi. Si sfilò la cintura, gli sorrise e sgusciò fuori dai pantaloni di lana estiva, spingendoli oltre i fianchi deformi. Moro era lì, la bocca incurvata come in una smorfia di delizia o in una muta domanda.

Andreotti l’abbracciò forte e l’attirò a sé, dando un gemito di piacere e insieme di protesta nel momento in cui il suo sesso duro s’insinuò prepotente nel terzo foro parasternale. Ci fu una fitta dolorosa, attutita da un piacere troppo intenso per essere misurato. Era da tanto che non provava una sensazione così violenta, che non desiderava qualcosa così disperatamente. Era un desiderio più complesso, più insistente di quanto avesse previsto. A ogni spinta, il suo desiderio cresceva, finché non divenne insopportabile. Un’ondata più forte di tutte l’avvolse, salì vertiginosamente e poi, contro il suo volere, si consumò. Andreotti cambiò foro e il suo corpo sembrava dire:”Mai, mai ti lascerò andare...” La loro comunione fisica era perfetta. Andreotti inarcò la schiena per aderire meglio all’orifizio pseudovaginale e cominciò a basculare la pelvi. Fece scivolare le mani giù per il corpo di lui, tirandoselo ancora più vicino. Sollevò di colpo la testa e rapidamente, quasi con brutalità, prese possesso della piccola cavità. L’intima unione dei corpi lo fece di nuovo tremare in un crescendo trascinante di piacere e passione. Gli carezzava i fianchi, sedotto dalle curve femminili del corpo di Moro. Gridò il suo godimento, i suoi occhi mandavano lampi. Quindi girò il corpo di Moro e senza indugio lo prese di nuovo, stavolta in un foro d’uscita. Gli sembrò di morire ed era una morte deliziosa. Gli si aggrappò alla spalle e si lasciò guidare dal ritmo potente del suo desiderio. Prima lentamente, poi sempre più veloce, fino all’esplosione dell’estasi. Diede un lungo sospiro e s’abbandonò svuotato contro la schiena di Moro. Si sentiva bene, assonnato, soddisfatto. L’emicrania era sparita.

Fu allora che accadde. Moro si scosse e appoggiandosi a un gomito rantolò:"Sei un’amante deliziosa, Rosanna. Mi darai tempo di conoscerti, vero? Non...non sparirai?" Un brivido percorse il corpo madido di Andreotti. Si raddrizzò con un sussulto, ponendo fine all’intimità. Sul volto gli guizzò un lampo di divertita malizia al vedere le pupille di Moro che si dilatavano.

L’indomani, Morucci telefonò ad Andreotti per sapere se la serata era stata di suo gradimento. “Il senatore è occupato”, gli rispose Vitalone, riattaccandogli in faccia.


Post:
A parte l'interesse che può scaturire riguardo la veridicità storica del sopra citato racconto, è interessante riflettere su una perversione sessuale così estrema come la necrofilia.
Il racconto è a tratti così disgustoso, eppure così umano...
Non ho potuto evitare di rimanere colpito... mi domando come e perchè si vengono a creare fenomeni del genere, e in che modo uno psicologo debba porsi di fronte ad un caso del genere.



28 Comments:

  • ehi ragazzi... non c'è niente di male a farsi un cadavere!
    ...number nine... number nine... ;)

    By Anonymous Anonimo, at 4:05 PM, aprile 06, 2007  

  • Il racconto, più che psicologico è a carattere grottesco. Il grottesco è una particolare forma di satira alla quale non siamo più abituati, è per questo che ci disturba così tanto l'immagine della sodomia di Andreotti... Sopratutto per un evento storico così agghiacciante.

    Io lo trovo geniale, come ogni produzione del nostro Danielone, che più scandalizza il pubblico più è cosciente di fare la cosa giusta: questo racconto infatti gli valse numerosissime critiche dai parenti di Aldo Moro e da tutti i "benpensanti" che purtroppo ignorano totalmente quel particolare genere letterario chiamato "satira"...

    Stavolta un faggiano moraleggiante e finto-intellettuale :D

    By Anonymous Anonimo, at 4:07 PM, aprile 06, 2007  

  • Caro fagiano.. non ho preteso di inserire questo pezzo come "racconto psicologico" ma bensì come spunto per confrontarci su una tematica "tabù".
    In questo caso più che in altri ci si confronta con forti barriere morali e le posizioni di giudizio sull'asse "bene-male" sono decisamente schierate quasi a livello aprioristico.
    Ma neanche della moralità della necrofilia voglio parlare, personalmente la giudico abominevole e disgustosa, vorrei piuttosto sforzarmi di vederla come uno psicologo che la trovasse tra i problemi del "cliente".
    1: è da considerarsi più problematica o "malata" di altre perversioni tipo sadomaso o, vogliate pèerdonarmi per questa bestemmia, l'omosessualità?
    L'omosessualità la inserisco in quanto non più annoverata tra le perversioni da un pezzo, eppure si tratta cmq di uno scarto dalla norma per cui la sessualità esiste: la procreazione. Ciononostante non mi sentirei affatto motivato a contribuire a modificare le tendenze sessuali di un omosessuale.
    Insomma: cosa è perversione e cosa no? e qual'è il limite oltre il quale possiamo sentirci legittimati a muoverci? E' sufficente il proprio personale "sentire morale"?

    By Anonymous Anonimo, at 11:50 AM, aprile 07, 2007  

  • l'1: l'ho inserito perkè avevo in mente una serie di domande... poi il criceto ke gira la ruota nella mia testa ha deciso diversamente... scusate, ma stamattina lavoro senza editor :)

    By Anonymous Anonimo, at 11:52 AM, aprile 07, 2007  

  • moralità della necrofilia?
    parliamo invece della mortalità della necrofilia....
    Secondo recenti statistiche i rapporti necrofili presentano una mortalità del 50%!

    By Anonymous Anonimo, at 12:03 PM, aprile 07, 2007  

  • Per quanto riguarda il discorso di irtimiD, rispondo con la solita frase del "dipende", frase comoda, per carità, ma secondo me essenziale nella professione psicologica.
    Io ho le mie idee riguardo alla perversione, credo che tale concetto sia, come ha detto lui, in continua evoluzione (vedi l'abolizione dell'omosessualità dall'elenco delle patologie del DSM)e che cambi a seconda del contesto. Se vogliamo allargare il discorso alla storia dei DICO lo dico chiaro: ma fate un po' come cazzo vi pare! Magari con un necrofilo la vedo diversamente, perchè ci vuole un po' di rispetto per un cadavere, ecchecazzo! Ma queste sono semplici opinioni, perfettamente opinabili, per l'appunto...

    Vorrei comunque ricordare che viviamo in un paese cattolico con un pessimo sistema scolastico, con un alto ritorno di analfabetismo e intriso di cultura cattolica fino al midollo. In un paese come questo, la gente, che raramente sa cos'è il DSM, se ne frega dell'importanza del contesto e considera gli omosessuali al pari di mostri che vanno eliminati. Un buon interveto degli psicologi, sarebbe quello di spiegare che è una cazzata questo concetto idiota di perversione. Il semplice fatto di metterla in culo ai bigotti per me è una nobile causa...

    Nel setting terapeutico, tuttavia, la storia è un'altra. Nel caso che un ipotetico cliente ci venga a trovare nello studio e ci confessi di essere necrofilo o anche omosessuale, noi non dobbiamo puntare a un'obiettivo precostituito. Non ci sono pregiudizi o tabù ch tengano nel setting terapeutico, finchè il terapeuta si sente in grado di erogare la sua competenza e di gestire bene la relazione terapeuta-paziente. In caso che il terapeuta si senta a disagio in una relazione con una persona che ha un comportamento simile, può interrompere la terapia, ma sennò no. L'unica cosa che conta è che il cliente riesca ad affrontare meglio il suo disagio, se il terapeuta sente di avere la competenza di permetterglielo. Questo obiettivo si può realizzare sia con la cessazione della sua "perversione", sia permettendogli di convivere con essa e accettarla.

    By Blogger Edric Ant, at 2:07 PM, aprile 07, 2007  

  • Per i maligni, gli indignati e gli idioti.
    Ho detto all'interno del setting!
    Può essere superfluo spiegarlo, ma non si sa mai. Per accogliere clienti che ci confessano abitudini devianti, si costruisce una relazione che rispetti il setting che viene rispettato con tutti gli altri tipi di clienti. Questo significa accogliere senza pregiudizi e tabù. Ovviamente, se un omosessuale ci chiede una marchetta e un necrofilo ci propone una serata al Verano, diciamo no e poi vediamo se possiamo interpretare questa chiara violazione del setting o se interrompiamo la terapia, in caso ci abbia così scosso da impedirci di continuare ad avere una relazione terapeutica fruttuosa.

    By Blogger Edric Ant, at 4:52 PM, aprile 07, 2007  

  • L'unica cosa che conta è che il cliente riesca ad affrontare meglio il suo disagio, se il terapeuta sente di avere la competenza di permetterglielo. Questo obiettivo si può realizzare sia con la cessazione della sua "perversione", sia permettendogli di convivere con essa e accettarla.

    1:Il terapeuta "si sente".. cioè? la competenza o c'è o no...
    2: convivere con la necrofilia? come? io ho paura...

    By Anonymous Anonimo, at 6:25 PM, aprile 07, 2007  

  • Rispondo al cadavere.
    1)"Il terapeuta si sente....". Significa che anche il terapeuta deve sempre tenere conto delle sue emozioni, oltre ad avere una competenza psicologica.
    2)"Convivere con la sua perversione": se il cliente necrofilo vuole rimanere necrofilo, il terapeuta non lo può forzare, esattamente come ha detto irtimid.

    By Anonymous Anonimo, at 6:52 PM, aprile 07, 2007  

  • ovviamente questa è l'ipotesi peggiore...prima il cliente necrofilo deve rendersi conto di quello che vuole veramente. In caso che, dopo un'attenta analisi col terapeuta, si accorga che lo vuole veramente, non si può certo impedire che continui, a meno che non venga colto sul fatto da qualcun altro...ma in quel caso il terapeuta nn può fare niente.

    By Anonymous Anonimo, at 7:01 PM, aprile 07, 2007  

  • Nel dizionario "perversione" sta per comportamento anormale e socialmente condannato...dunque, tenendo conto di ciò, l'omosessualità e la necrofilia sono due perversioni di natura sessuale che stanno allo stesso livello in quanto a-normali fuori dalla norma e entrambi socialmente condannati!!
    Io sono del parere che tutti debbano fare ciò che vogliono, LIBERTa' massima e assoluta sotto tutti i punti di vista purchè la proprio libertà non vada a ledere la libertà degli altri e quindi purchè non venga danneggiato qualcuno. Quindi? Vi chiederete...che c'entra 'sta banalità??
    Detto questo...che infatti non c'entra nulla...DICO: la questione posta da irtimiD è molto interessante, ma credo che il limite in cui uno psicologo deve sentirsi legittimato ad intervenire sia proprio in corrispondenza al suo "sentire morale". Cm dice tantredi non ci sono pregiudizi e tabù che tengano nel setting terapeutico! Anche x quanto mi riguarda infatti il terapeuta deve sentirsi in grado di portare avanti un certo tipo di relazione (con un omosessuale o necrofilo o "la qualsiasi"...ah ah montesarchio olè!) senza particolari disagi! Personalemte affronterei una situazione del genere con l'obiettivo di far "finire" al cliente la sua deviazione dalla norma ma solo se la sua richiesta è quella, altrimenti lo porterei ad uno stato in cui può convivere con la sua anormalità. eh?? ;-)
    cmq io lo chiederei a Elio cosa ne pensa...secondo me risponderebbe: "necrofilia...cosa ci vuoi fare!?"

    By Anonymous Anonimo, at 7:12 PM, aprile 07, 2007  

  • ehi dimi, il post non l'ho letto...sai, tra una granita e un waffel vado molto di fretta...ma mi metto al sicuro commentando con un "bella pè te"...bella dimì..bella bella...ahahah

    By Anonymous Anonimo, at 6:05 PM, aprile 08, 2007  

  • N°1??? a bello, regolete! al max ti offro un 1#emmezzo a parimerito.. ;)

    By Anonymous Anonimo, at 6:34 PM, aprile 08, 2007  

  • Ciao ragazzi, trovo sia il post ma soprattutto i commenti molto interessanti, e volevo un confronto circa alcune cose.

    Innanzi tutto mi viene di rispondere alla domanda del post “in che modo uno psicologo debba porsi di fronte ad un caso del genere (necrofilia)?” con: semplicemente così come si pone di fronte ai casi restanti.Diventa sua competenza occuparsene quando c’è una domanda d’intervento.E a proposito della domanda del post mi pare che si possano intravedere alcune fantasie molto pericolose circa la professione di psicologo. Spero che riuscirò a chiarire qui di seguito.

    Alla seconda domanda di Irtimid (“è da considerarsi più problematica o "malata" di altre perversioni tipo sadomaso o, vogliate perdonarmi per questa bestemmia, l'omosessualità?”) penso che si faccia molta confusione con i termini, in quanto affiancare o paragonare necrofilia e sadomaso e omosessualità, come se fossero misurabili con una scala di intensità, sarebbe come paragonare eutanasia e suicidio e omicidio, così come l’unica cosa ke accomuna la prima sequenza è il sesso,e nient’altro, la seconda è la morte.. Penso che questa logica associativa non porti a nulla. Sadomaso omosessualità e necrofilia sono tre “fenomeni” (scusate la parola) diversi, ma completamente diversi, e se si tira fuori lo scarto alla norma è una grande cazzata, perche si tratta sempre ed esclusivamente di “cultura” e “contesto”. Cosi come è una grande cazzata che il sesso sia finalizzato alla riproduzione, o come qualcuno ha detto alla procreazione (termine cattolico che permette una curiosissima coincidenza di “cultura” tra contenuto e forma della frase), e saputo e risaputo e dimostrato che nell’uomo il sesso non è finalizzato esclusivamente alla riproduzione: a differenza dell’animale l’uomo porta con sé dati statistici come: numero di volte che si fa sesso,mesi della gestazione, la donna che ha il ciclo una volta a mese,ridotte malattie e benessere per chi ha un intensa attività sessuale tutti dati che significheranno qualcosa se confrontati cOn quelli degli animali,fare sesso finalizzato solo alla riproduzione per l’uomo sarebbe solo un dispendio sprecato di energia…e secondo voi sull’argomento la natura fa perfetti tutti gli animali e l’uomo no?

    Con Tancredi sono d’accordo su molte cose tranne riguardo a “se il cliente necrofilo vuole rimanere necrofilo, il terapeuta non lo può forzare altrimenti lo cambia…”(le ultime due parole sono mie) perché penso che in questo caso non abbiamo a che fare con la necrofilia ma solo con una domanda di mutamento preordinato,e sono d’accordo con Grasso su come si ci debba comportare con competenza,che nel caso dello psicologo non credo, Tancredi, che prescinde il tenere conto delle proprie emozioni,ovvio quello è fare lo psicologo!(ancora d’accordo con Grasso)

    Lo stesso penso per quello che ha detto murzia “Personalemte affronterei una situazione del genere con l'obiettivo di far "finire" al cliente la sua deviazione dalla norma ma solo se la sua richiesta è quella, altrimenti lo porterei ad uno stato in cui può convivere con la sua anormalità”, intanto che brutta parola anormalità soprattutto se detta da studenti di psicologia,e poi da cambiare i necrofili, a cambiare chi vuole abortire, a cambiare chi non vuole andare a scuola il passo è proprio piccolo, e riporto le parole di carli “ Un sistema che tende ad utilizzare la psicologia come un sistema regolatorio del sistema stesso”…colludete con esso.
    Marzia “Io sono del parere che tutti debbano fare ciò che vogliono, LIBERTa' massima e assoluta sotto tutti i punti di vista purchè la proprio libertà non vada a ledere la libertà degli altri e quindi purchè non venga danneggiato qualcuno.” Già questo lo fa la legge,cazzo, che li paghiamo a fare tutti quelli che se ne occupano, col fare lo psicologo non c’entra nulla, dici che lo psicologo deve intervenire in base al suo "sentire morale", ritorniamo al giusto\sbagliato,chi cazzo è lo psicologo per dire giusto o sbagliato, l’unica cosa che deve regolare la professione di psicologo è la sua deontologia e la sua competenza, non se ne può più di questa moralità, che sudicia tutto.BASTAAAAAAAAAAA.

    By Anonymous Anonimo, at 4:09 AM, aprile 09, 2007  

  • parliamone ancora... o sei fiorello o sei cenciotti.. mi sa + cenciotti... TANA!
    Il tuo commento è molto interessante, iniziamo a toccare proprio quegli ambiti che intendevo andare a toccare.
    D'accordissimo sulla necessità di non accomunare in modo banale tutte le "deviazioni" sessuali solo perchè accomunate dal sesso.. terrò presente la cosa quando tornerò a parlare del discorso in altri ambiti.
    Hai centrato anke il punto fondamentale: il tutto dipende dalla domanda con cui il necrofilo si presenta allo psicologo.
    A questo punto siamo pronti per un passo in avanti: proponiamo delle possibili domande con cui il necrofilo si presenta ed individuiamo le possibili strategie che lo psicologo può andare ad attuare.
    Lo scopo di tale esercizio è arrivare finalmente a stabilire cosa sia "semplicemente così come si pone di fronte ai casi restanti".

    Quindi: quanti e quali tipi di domanda può portarci un necrofilo? e, almeno per alcuni di questi, cosa cazzo facciamo dopo non aver colluso? :)

    By Anonymous Anonimo, at 1:50 PM, aprile 09, 2007  

  • parliamone ancora... non ccapisco la tua posizione sulla moralità....
    cosa intendi? e soprattutto, credi sia possibile mettersi in una posizione "meta" rispetto alla morale?

    By Anonymous Anonimo, at 1:52 PM, aprile 09, 2007  

  • comè? non è chiara la mia posizione sulla moralità?posso solo dirti che mi fa maledettamente innervosire questa cosa ti ripeto ma secondo te qualcuno paga uno psicologo per farsi dire se è fatto bene o male,per farsi dire giusto o sbagliato????????
    un necrofilo cazzo se ne va da uno psicologo per farsi giudicare?non credo! anche perche se fosse così ke cazzo serve la formazione ad una competenza, a giudicare siamo già tutti molto bravi, e il giudizio di uno istruito vale tanto quello di un ignorante. cosa significa mettersi in una posizione meta rispetto la morale? secondo te l'architetto, il salumiere o chi vuoi tu cmq uno ke esercita una professione cosa se ne fanno della morale per erogare il loro servizio??? Niente.E cosi lo psicologo.
    Il vero problema è che circa la psicologia tutti hanno delle aspettative, desideri fantasie chiamatele come volete ke fanno si ke la psicologia nn venga mai presa sul serio...è penso ke se lo merita se la mettiamo così!
    se uso un bicchiere per piantare un chiodo non solo rischio di farmi male ma pure rendo inutile quell'oggetto ke utilizzato per il suo uso servirebbe a qualcosa altrimento no.cosi per la psicologia e per il resto.
    se lo psicologo deve intervenire secondo il suo sentirsi morale diventa solo una pedina per conformare lo scarto alla norma.
    Ragazzi mancherà una sorta di sensibilità ma io vedo soltanto un tentativo di cambiare la gente cosi come a noi piace,magari ognuno nella propria vita puo pure farlo, ma all'interno di una professione e soprattutto se pagato dal cliente diventa ILLEGITTIMO! sento puzza di quella malattia strana che colpisce i bianchi cattolici eterosessuali e fa fuori i negri ebrei froci, razzismo.
    La morale serve a far vivere meglio nel sociale, la morale serve a star bene nel gruppo con le sue regole,perche se fosse al contrario avremmo una morale uguale per tutti una ed una sola in tutto il mondo,e invece vediamo il sorgere di una miliade di etiche ideologiche e o non religiose, sai di cosa si tratta SOLO di cultura.
    Chiudo dicendo ke se da me(che non sono cenciotti) venisse un necrofilo non mi sentirei chiamato a giudicare ma solo a fare il mio lavoro,e ricordo che la necrofilia non è una categoria psicologica e quindi mi pare che ne segua che non bisogna lavorare con la necrofilia ma con quello che ci porta il cliente faccio un esempio elementare e semplice:

    Un Necrofilo A si rivolge allo psicologo B perchè ha diversi problemi con la sua ragazza in quanto lei non riesce ad accettare la sua richiesta di giochini erotici nei quali a lei toccherebbe la parte del morto, e chiede allo psicologo se è giusta la sua richiesta e in caso contrario di curarlo!

    allora in questo esempio secondo voi lo psicologo perchè mai dovrebbe confrontarsi con la sua morale...non c'entra nulla, ne col caso ne colla sua competenza.
    anzichè dire giusto o sbagliato potrebbe lavorare col cliente sul motivo per cui si è rivolto allo psicologo, magari in questo caso solo perche vuole un libretto di istruzione su come scopare, come se dicesse "a letto ho problemi con la mia ragazza dimmi tu come mi devo comportare e cosa fare". Se lo psicologo lavora con il cliente su questo (solo come primo passo) potra ottenere esigui risultati che non chiedono nè di giudicare nè di cambiare qualcuno...

    By Anonymous Anonimo, at 10:50 PM, aprile 09, 2007  

  • ah come vedete anche se anzichè essere un necrofilo si trattava di un sadomaso, sarebbe cambiato poco. Lo psicologo lavora su categorie psicologiche e non su pregiudizi o termini denotativi di qualcosa che a molti fa skifo.

    By Anonymous Anonimo, at 10:56 PM, aprile 09, 2007  

  • ok, da come sei incazzato pare evidente ke nn sei cenciotti...
    cmq, a parte ciò, la domanda sulla morale era di tipo epistemiologico: è possibile, in linea di principio, escludere la morale dal contesto professionale dello psicologo.
    Mi fai capire che la tua risposta è SI, e che anzi è NECESSARIO escluderla per non cadere in fantasie di adattamento dell'altro ai propri schemi tramite manipolazione.

    benissimo. Poni anche la questione di come, ad esempio, l'architetto eroga la propria professionalità bypassando la morale.
    Poniamo che a un architetto molto puritano venga commissionato un edificio la cui forma ricordi una penetrazione anale, e che questa richiesta sia esplicita... probabilmente l'archietto rifiuterebbe la commissione, quindi la sua possibilità di erogare la sua competenza troverebbe barriere morali... inoltre lo psicologo non è certo l'archiettto, la morale di mezzo c'è sempre...

    Quindi, dopo una prima fase in cui ho cercato di mostrare che non basta che siamo convinti che stiamo escludendo la morale da un processo perchè la stessa sia esclusa effettivamente, passo al secondo punto: quando si parla di manipolazione?

    Nell'introduzioe di "change" Watzlawick&co affermano "...sembra anche implicare che l'idea di "manipolazione" non è solo cattiva, ma anche evitabile. ma come evitarla, purtroppo, non ce l'ha mai spiegato nessuno" e continua dicendo che è difficile che un qualsiasi nostro comportamento di fronte a qulacuno possa evitare di "cambiare" quel qualcuno, proprio in forza della comunicazione in essere.

    insomma, ti absta dire che escludi la morale per escluderla davvero? ti basta applicare la tecnica per non "manipolare" una persona?
    Qual'è duqnue il prodotto della tecnica? lo SVILUPPO? Cioè? sono molto curioso... :D

    By Anonymous Anonimo, at 4:56 PM, aprile 10, 2007  

  • di tutto quello ke ho detto cogli solo questo?
    ok,allora siamo più pratici portami un caso in cui uno psicologo clinico deve intervenire con competenza e confrantarsi allo stesso tempo con la morale.
    che ne pensi?

    By Anonymous Anonimo, at 10:04 PM, aprile 10, 2007  

  • ah per quanto riguarda l'architetto puritano che si rifiuta nella costruzione dell'edificio, chi ha mai detto che ognuno non puo rifiutare di erogare un servizio!
    ma se l'architetto accetta, dovrà attenersi alla domanda del suo cliente e la sua morale la lascia a casa sua!non se ne va dal cliente a dire questo edificio strutturato in tale maniera non è conforme alle norme di sicurezza, perchè è illegittimo.

    By Anonymous Anonimo, at 10:11 PM, aprile 10, 2007  

  • io sto dicendo solo che è molto pericoloso se uno psicologo opera in base al suo sentirsi morale cosi come dite voi... certo capiterà a volte in cui sarà confrontato con la morale, ma questa non è intrinseca al suo intervento competente.

    Esempio. psicologo cattolico che riceve una domanda di intervento da parte di una coppia circa l'aborto.
    se lo psicologo interviene secondo il suo sentirsi morale è evidente la manipolazione.
    la tua provocazione sullo "sviluppo",mi permette solo di dirti che sia fisiologicamente che psicologicamente ogni secondo che passa noi siamo in cambiamento, dico cambiamento che è diverso da manipolazione.

    By Anonymous Anonimo, at 10:21 PM, aprile 10, 2007  

  • Alla tua prima domanda rispondo che dobbiamo metterci d'accordo su cosa sia l'intervenire con competenza, quindi su quali siano gli obiettivi.
    A tale richiesta rispondi in genere (tu come sostenitore dell'analisi della domanda) che l'obettivo è proprio dispensare la competenza o al massimo lo "sviluppo". In questo modo o riduci l'obiettivo alla procedura oppure lo fai corrispondere semplicemente ad un sostantivo tanto generico da poter essere tutto e nulla.
    Se l'obiettivo è la procedura pare allora scontato ke la morale nn c'entri nulla, la procedura nn è un essere umano e nn ha morale. D'altro canto ci sarebbe da interrogarsi sulla moralità di ki tale procedura la crea, ma non mi spingo oltre su questa via perkè ritengo ci si debba fermare all'errore di fondo: l'obiettivo è la procedura (la sua erogazione).

    Quindi ci rimane solo: "l'obiettivo è lo sviluppo".. ma ke significa?
    Portare il cliente a convivere con le sue "problematiche" in modo che non si manifesti più la problematicità? mi pare un pò riduttivo, e comunque, se ci pensi, manipolatorio anke se è il cliente ke lo richiede o addirittura "fa tutto da sè".

    infine:
    "mi permette solo di dirti che sia fisiologicamente che psicologicamente ogni secondo che passa noi siamo in cambiamento, dico cambiamento che è diverso da manipolazione."

    bene, dove sta la differenza?
    Sta solo nella consapevolezza: se io ti cambio e so cosa sto facendo ti sto manipolando.
    Se io agisco su di te al fine di convincerti che sei napoleone e lo faccio consapevolamente ti manipolo, se agisco senza rendermi conto di quello ke faccio ti sto solo cambiando...
    A questo punto la questione nn è manipolare o no... la questione è non voler ammettere le proprie responsabilità, proprio MORALI, nel rapporto psicologo-cliente.

    By Anonymous Anonimo, at 4:15 PM, aprile 11, 2007  

  • PARLIAMONE ANCORA,mi sembra che tu abbia le idee un po confuse.
    sono perfettamente d accordo con te riguardo al fatto che ciò che lo psicologo farà con il cliente "necrofilo" dipende da quale sia la domanda che questo porta allo psicologo...ma quando parli di domanda di mutamento preordinato inizia la confusione.
    la domanda di mutamento preordinato si ha quando il cliente va dallo psicologo e chiede di essere cambiato in un modo preciso, già stabilito.
    tu invece parli del caso in cui è lo psicologo che sa già come deve cambiare il cliente, e questa è una cosa completamente diversa.
    ora, in un vecchio commento invitavo i commentatori ad usare un linguaggio piu preciso proprio per evitare inutili confusioni e fraintendimenti...permettimi di rivolgerti lo stesso invito.

    Espletati dunque i convenevoli, diciamo che sono perfettamente d accordo con te riguardo al fatto che lo psicolgo non debba imporre
    al cliente la sua idea di normalità, adattamento, salute mentale ecc.. ma se ci pensi piu attentamente, dire questo senza dire altro non significa niente!! e qui non posso che convenire con irtimid (o irtimood, dipende dall'umore).
    allora, diciamo che accettiamo i presupposti dell'intervento psicologico cosi come tu li hai esposti, e poi?
    vedi, condivido il tuo modo di guardare alla competenza psicologica, ma quello che manca è sempre il dopo, il come!!
    sappiamo bene che lo psicologo esplora le fantasie agite con la domanda di intervento, sappiamo che questi agiti vengono portati nel tentativo di ripristinare una collusione fallita attraverso la relazione con lo psicologo, sappiamo tutte queste cose, ok. e questi sono ottimi punti di partenza. ma, ahimè, non possiamo restare sempre fermi al punto di partenza!!!, cosi mi trovo a pormi nuovamente la domanda: e dopo?
    hai citato il mio mito n°2 (preceduto da Chomsky ), il grandissimo Massimo Grasso. Massimo il Grande parla dell'intervento psicologico clinico come di un tipo di intervento che mira (e sottolineo MIRA) a incrementare la funzione di categorizzazione del reale.
    in effetti ha senso: il cliente dello psicologo vive in un equilibrio collusivo, la collusione fallisce e lui, da perfetto essere umano che fa? ri-adatta le sue categorizzazioni alla nuova situazione? certo che no!! va da uno psicologo (e lo paga) per ripristinare il tanto amato assetto collusivo! se poi consideriamo che questo assetto collusivo spesso non è proprio l'apoteosi della falicità, possiamo farci un idea di che esseri infimi sono gli uomini (fa bene il necrofilo che li ama solo dopo che sono morti!! :-) ).
    detto questo, voglio sottolineare che POI lo psicologo interviene: individua insieme al cliente degli obiettivi, e lavora* , sempre insieme al cliente, per conseguirli.
    a questo punto mettiamo qualche puntino sulle i.
    1) lo psicologo individua obiettivi insieme al cliente, ma è ovvio che sono obiettivi verso cui il professionista si orienta usando come riferimento la teoria psicologica. obiettivi di sviluppo (???), obiettivi di incremento della funzione di categorizzazione, obiettivi di integrazione ecc. insomma lo psicologo "aiuta" il cliente a sviluppare un assetto collusivo che sia piu funzionale per quel cliente nel suo contesto (piuttosto che colludere col cliente stesso e ripristinare la collusione fallita che si era dimostrata inefficiente). ma questa non è manipolazione? io non credo che manipolazione sia necessariamnete una cosa negativa, un imporre la propria visione di come le cose dovrebbero essere (credo piuttosto che questo sia un modo ignorante di affrontare-o forse non affrontare- la questione). credo che ci sia un po l'idea strisciante che manipolazione sia l'applicazione di una tecnica in modo acritico.
    non ci facciamo fregare dai paroloni. lo psicologo che interviene lo fa influenzando il cliente, è il suo lavoro! eppure renzo carli dice che la manipolazione non si fa e tutti via con la fantasia agita che il cliente non va manipolato in alcun modo. rifletteteci meglio piuttosto che farvi imboccare come degli ingenui: renzo carli cerca di farci comprendere un approccio teorico, non di farci mettere i paraocchi!!!
    secondo me la differenza sta nel fatto che lo psicologo possa erogare un intervento pensato, non inficiato da proposte collusive disfunzionali e fantasie incompetenti.
    2) ho messo l'asterisco alla parola LAVORA perchè sappiamo che lo psicologo interviene, individua processi di sviluppo, ma mi chiedo: come? e lo chiedo anche a voi. come si sviluppa un intervento psicologico?
    e non mi riferisco al commentare un caso clinico nè a come si "dovrebbe" impostare il primo incontro.
    dico piuttosto: come impostare un progetto di intervento?
    secondo quali criteri si individuano gli obiettivi?
    come si puo procedere operativamente?
    qui ho letto molte proposte riguardo a quale sia la prospettiva teorico-metodologica che lo psicologo dovrebbe adottare nei confronti di un ipotetico cliente, ma irtimid chiede giustamente: una volta che hai scelto come porti, come procedi?
    io credo che si faccia presto a dire che non bisogna pensare per scarto dal modello atteso ecc ecc. ok queste cose le abbiamo capite, ma una volta che le abbiamo capite, che ce ne facciamo operativamente?

    ps: nutro un antipatia incommensurabile (e incommensurata) per gli anonimi, per cui, PARLIAMONE ANCORA ti invito a svelarti e a smetterla di parati il culo.
    Antonello.

    By Anonymous Anonimo, at 7:47 PM, aprile 11, 2007  

  • seondo me parliamone ancora è saro

    By Anonymous Anonimo, at 8:20 PM, aprile 11, 2007  

  • quoto:
    "credo che ci sia un po l'idea strisciante che manipolazione sia l'applicazione di una tecnica in modo acritico."

    Io credo che l'idea strisciante nn sia tanto questa, quanto che la manipolazione sia un agire una tecnica in cui il terapeuta è cosciente dei mutamenti che sta imponendo e il cliente li subisce passivamente. Il problema ke ho evidenziato anke prima è ke così, per evitare di essere manipolativi, basta nn sapere un cazzo di ciò ke si sta facendo.
    In realtà, appunto, la manipolazione è uno stimolre un cambiamnto in modo cosciente e intenzionale; penso che uno psicologo debba agire con consapelvolezza, rifacendosi magari ad una deontologia professionale.
    Ed ecco che la moralità rientra in gioco: la deontologia non è altro che una morale condivisa....

    By Anonymous Anonimo, at 8:53 PM, aprile 11, 2007  

  • specifico: quello che voglio dire è ke non si può evitare di cambiare l'altro in un qualsiasi contesto relazionale, ivi compreso il contesto terapeutico.
    Quindi, piuttosto ke procedere a caso basandosi solo su una "tecnica" come se la stessa ci fosse stata consegnata da dio in persona, è consigliabile prendere coscienza del funzionamento dei processi di cambiamento posti in essere all'interno di una relazione e muoversi in modo "manipolativo" di conseguenza. (cioè agendo sapendo quel che si sta facendo).

    By Anonymous Anonimo, at 2:53 PM, aprile 12, 2007  

  • direi soprattutto nel contesto terapeutico...
    (anche se parlando di psicologia clinica non necessariamente si parla di terapia)

    By Anonymous Anonimo, at 6:40 PM, aprile 13, 2007  

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