Casa Nemorense

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mercoledì, settembre 12, 2007

Un argomento delicato.

Con la mia ben nota delicatezza, per ricominciare a parlare di cose serie, vorrei trattare un argomento sul quale si parla tanto e da parecchio tempo.
Aborto.
Tema scottante, politicamente, teologicamente, eticamente, umanamente e professionalmente.
Fra i tanti interventi psicologici che non consistano nella sola psicoterapia, ci hanno detto che uno psicologo può anche essere coinvolto come supporto per committenti che intendono richiedere un aborto, cerchiamo di parlarne quindi. La richiesta di intervento psicologico aumenterebbe, ma in questo caso emergono numerosi problemi e buttarsi senza scrupoli in un intervento simile, rischia di portare gli psicologi a un’ulteriore svalutazione della loro professione.
Ad esempio – citando un vecchio intervento lasciato fra i commenti di un vecchio post del blog -uno psicologo cattolico e credente, può accettare di fornire il proprio supporto a una cliente che gli comunica che intende abortire? Questo sarebbe il vero e proprio doppio legame: da una parte i valori religiosi dello psicologo come persona, dall’altra la sua identità professionale. Inutile dire che dipende dalla situazione e dallo psicologo, esiste la possibilità che lo psicologo possa accettare questo incarico o dovrà per forza mandare la cliente da un collega?
Ricordo che gli psicologi sono anche uomini, oltre al ruolo professionale hanno anche dei principi, delle personalità, una scala di valori da seguire. Inutile dire che una nostra opinione su tale fatto è profondamente intrisa di questi elementi e, per quanto si sforzi di essere obiettiva, rimane in larga parte influenzata dalle nostre convinzioni politiche, è inevitabile evitarlo, è importante saperlo.
L’opinione che darò sarà quindi un’opinione personale, ma penso che uno psicologo debba tener conto della sua personale opinione, se deve decidere se fornire o no la sua competenza clinica.
In quanto persona con convinzioni politiche e morali e con alcune nozioni di questo campo (anch’esse influenzate delle convinzioni di chi le ha enunciate) fornisco il mio parere. Parere secondo me laico (e anche il concetto di laicità è parecchio personale).
La famiglia è un sistema, formata – se si tratta di una famiglia prototipica - da almeno 3 persone (padre, madre e figlia in cinta, se il padre del bambino è scappato via dopo aver messo in cinta l’interessata); se il padre c’è, consideriamo anche i suoi genitori ed eventuali fratelli. Un evento importante nuovo, positivo o negativo che sia, sconvolge l’equilibrio che regge tale sistema.
Tale sconvolgimento può essere percepito dalla famiglia in questione come accettabile, ma, in alcuni casi può essere visto troppo pericoloso per la stabilità del nucleo familiare.
Se una famiglia ha un equilibrio già precario e sente di non essere disposta a tollerare un cambiamento talmente pesante per qualche motivo (condizioni economiche precarie, malformazione del figlio, salute della madre, problemi psichici, metteteci quello che vi pare!) mi sembra legittimo, per quanto possa essere terribile anche per chi lo fa fare, eliminare il nuovo membro. Il principio mio è questo. Spero di non essere mai costretto a fare una scelta simile, ma penso che sia preferibile eliminare una vita (quella del bambino) piuttosto che rovinarla ad almeno quattro persone in seguito allo sconvolgimento dell’equilibrio omeostatico della famiglia che nasce in seguito all’avvento del nuovo elemento (la madre del bambino, il padre di lei padre, la madre di lei e il bambino che crescerà in questa famiglia scombinata, per non contare il padre del bambino con il relativo seguito familiare, in caso il padre del bambino rimanga).
In ogni caso, secondo me, la decisione di interrompere la gravidanza spetta principalmente alla donna, l'utero è suo e penso che se uno psicologo, se si sente in grado di accogliere la sua richiesta di consulenza, gliela debba fornire.
Inutile dire che uno psicologo cattolico credente avrà una concezione totalmente diversa della mia e, siccome anche lui ne deve tener conto, approverei la sua decisione, in quanto persona con idee diverse da me.
Ora che ho detto la mia, vorrei che anche gli altri lo facessero. Chiunque può dare la sua opinione se vuole, la discussione è aperta anche ad aspiranti sociologi, politici, genitori, teologi, preti, papi, rompipalle, vescovi, filosofi, credenti e chiunque mi sia dimenticato di inserire nell’elenco e pensa di dovervi appartenere.

domenica, settembre 09, 2007

Tanto per farli un po' rivoltare nella tomba.

Riportiamo qui una testimonianza di enorme importanza per la storia della psicologia: il dialogo che portò alla celebre rottura fra Freud e Jung.
Un giovane medico chiamato Otto Stangler fu testimone dello storico dissidio e ha riportato lo scambio di battute fra i due celebri personaggi.

(Entrambi seduti nello studio di Freud.)
Jung: Allora, carissimo, cosa mi potete dire della vostra giornata?
Freud: Ah niente di che, oggi ho ricevuto quella mia nuova paziente viennese che ho da una settimana e stamattina non ho fatto altro. Lei cosa mi dice?
Jung: Sono appena arrivato in treno da Zurigo, è stato un piacevole viaggio. Ho anche trovato il tempo di dormire un attimo.
Freud: Ah davvero? Ha fatto qualche sogno in particolare?
J: Ah non saprei…era tutto molto confuso, vedevo un uomo in lontananza con un bastone da passeggio, ma era tutto molto confuso….
F: Mi sta dicendo che non ci vedeva un cazzo?
J: Bhe…diciamo di sì…
F: Perfetto! E’ tutto molto chiaro…la figura in lontananza era suo padre, il bastone rappresenta il suo fallo e la lontananza esprime il suo senso di inferiorità nei confronti del fallo paterno. Dicendo che lei non ci vedeva un cazzo significa che lei nega questa inferiorità nei confronti della figura paterna col fallo superiore perché nega il suo fallo in modo che lei possa compiere con successo l’incesto!
J: Questa interpretazione mi sembra alquanto ardita…
F: Invece no! Del resto lei ha fatto questo sogno mentre stava su un treno...un chiaro simbolo fallico. Lei vuole sconfiggere suo padre nel campo della misura fallica.
J: Devo confessarle che sono un po’ scettico. Non è la prima volta che giunge a simili conclusioni…come quella volta in cui le ho detto che sognavo di entrare in una cattedrale con due campanili ai lati e in testa portavo un cappello a cilindro.
F: Come poteva essere più chiaro di così? Lei sognava una penetrazione violenta di una donna (i campanili della cattedrale sono simbolo delle terga femminili) e il cappello a cilindro indica la presenza di una forte eccitazione sessuale.
J: Non vedo perché dovrebbe per forza così. Io penso che indichi un desiderio inconscio di qualcosa di più elevato, un’aspirazione al sacro.
F: Quisquilie mio giovane amico! Purtroppo capisco la forte resistenza nei confronti di questa interpretazione rivoluzionaria. Il cilindro indica che lei sente di non aver un fallo sufficiente per soddisfare una femmina e che quindi vuole una protuberanza che le faciliti le cose.
J: Ma cosa sta dicendo?!
F: Suvvia, non faccia così. Io sono un estroverso secondo la sua descrizione dei tipi, sono molto concreto, molto diretto.
J: Lei non è estroverso, lei è uno stronzo!
F: Io? Uno stronzo?! Si comporti civilmente e accetti i messaggi che provengono dal suo inconscio e se ne faccia una ragione: lei ce l’ha piccolo!
J: La smetta di fare così! Lei sta proiettando le sue paure su di me: è lei che ce l’ha piccolo!
F: Ma che dice: è lei che sta proiettando su di me la sua proiezione!
J: No! Lei sta proiettando la proiezione della mia proiezione sulla sua proiezione!
F: Le sue continue resistenze sono una manifestazione del suo conflitto edipico. Dovremmo approfondire…
J: Ma vada a cagare!
F: Io?! A cagare?! Io cago come e quando voglio! Io ho superato da un bel pezzo la mia fase anale!
J: Ah sì? In compenso però mangia mezzo barattolo di prugne al giorno. Appena sono entrato nel suo studio ha sparato uno scorreggione….

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