Un argomento delicato.
Con la mia ben nota delicatezza, per ricominciare a parlare di cose serie, vorrei trattare un argomento sul quale si parla tanto e da parecchio tempo.
Aborto.
Tema scottante, politicamente, teologicamente, eticamente, umanamente e professionalmente.
Fra i tanti interventi psicologici che non consistano nella sola psicoterapia, ci hanno detto che uno psicologo può anche essere coinvolto come supporto per committenti che intendono richiedere un aborto, cerchiamo di parlarne quindi. La richiesta di intervento psicologico aumenterebbe, ma in questo caso emergono numerosi problemi e buttarsi senza scrupoli in un intervento simile, rischia di portare gli psicologi a un’ulteriore svalutazione della loro professione.
Ad esempio – citando un vecchio intervento lasciato fra i commenti di un vecchio post del blog -uno psicologo cattolico e credente, può accettare di fornire il proprio supporto a una cliente che gli comunica che intende abortire? Questo sarebbe il vero e proprio doppio legame: da una parte i valori religiosi dello psicologo come persona, dall’altra la sua identità professionale. Inutile dire che dipende dalla situazione e dallo psicologo, esiste la possibilità che lo psicologo possa accettare questo incarico o dovrà per forza mandare la cliente da un collega?
Ricordo che gli psicologi sono anche uomini, oltre al ruolo professionale hanno anche dei principi, delle personalità, una scala di valori da seguire. Inutile dire che una nostra opinione su tale fatto è profondamente intrisa di questi elementi e, per quanto si sforzi di essere obiettiva, rimane in larga parte influenzata dalle nostre convinzioni politiche, è inevitabile evitarlo, è importante saperlo.
L’opinione che darò sarà quindi un’opinione personale, ma penso che uno psicologo debba tener conto della sua personale opinione, se deve decidere se fornire o no la sua competenza clinica.
In quanto persona con convinzioni politiche e morali e con alcune nozioni di questo campo (anch’esse influenzate delle convinzioni di chi le ha enunciate) fornisco il mio parere. Parere secondo me laico (e anche il concetto di laicità è parecchio personale).
La famiglia è un sistema, formata – se si tratta di una famiglia prototipica - da almeno 3 persone (padre, madre e figlia in cinta, se il padre del bambino è scappato via dopo aver messo in cinta l’interessata); se il padre c’è, consideriamo anche i suoi genitori ed eventuali fratelli. Un evento importante nuovo, positivo o negativo che sia, sconvolge l’equilibrio che regge tale sistema.
Tale sconvolgimento può essere percepito dalla famiglia in questione come accettabile, ma, in alcuni casi può essere visto troppo pericoloso per la stabilità del nucleo familiare.
Se una famiglia ha un equilibrio già precario e sente di non essere disposta a tollerare un cambiamento talmente pesante per qualche motivo (condizioni economiche precarie, malformazione del figlio, salute della madre, problemi psichici, metteteci quello che vi pare!) mi sembra legittimo, per quanto possa essere terribile anche per chi lo fa fare, eliminare il nuovo membro. Il principio mio è questo. Spero di non essere mai costretto a fare una scelta simile, ma penso che sia preferibile eliminare una vita (quella del bambino) piuttosto che rovinarla ad almeno quattro persone in seguito allo sconvolgimento dell’equilibrio omeostatico della famiglia che nasce in seguito all’avvento del nuovo elemento (la madre del bambino, il padre di lei padre, la madre di lei e il bambino che crescerà in questa famiglia scombinata, per non contare il padre del bambino con il relativo seguito familiare, in caso il padre del bambino rimanga).
In ogni caso, secondo me, la decisione di interrompere la gravidanza spetta principalmente alla donna, l'utero è suo e penso che se uno psicologo, se si sente in grado di accogliere la sua richiesta di consulenza, gliela debba fornire.
Inutile dire che uno psicologo cattolico credente avrà una concezione totalmente diversa della mia e, siccome anche lui ne deve tener conto, approverei la sua decisione, in quanto persona con idee diverse da me.
Ora che ho detto la mia, vorrei che anche gli altri lo facessero. Chiunque può dare la sua opinione se vuole, la discussione è aperta anche ad aspiranti sociologi, politici, genitori, teologi, preti, papi, rompipalle, vescovi, filosofi, credenti e chiunque mi sia dimenticato di inserire nell’elenco e pensa di dovervi appartenere.
Aborto.
Tema scottante, politicamente, teologicamente, eticamente, umanamente e professionalmente.
Fra i tanti interventi psicologici che non consistano nella sola psicoterapia, ci hanno detto che uno psicologo può anche essere coinvolto come supporto per committenti che intendono richiedere un aborto, cerchiamo di parlarne quindi. La richiesta di intervento psicologico aumenterebbe, ma in questo caso emergono numerosi problemi e buttarsi senza scrupoli in un intervento simile, rischia di portare gli psicologi a un’ulteriore svalutazione della loro professione.
Ad esempio – citando un vecchio intervento lasciato fra i commenti di un vecchio post del blog -uno psicologo cattolico e credente, può accettare di fornire il proprio supporto a una cliente che gli comunica che intende abortire? Questo sarebbe il vero e proprio doppio legame: da una parte i valori religiosi dello psicologo come persona, dall’altra la sua identità professionale. Inutile dire che dipende dalla situazione e dallo psicologo, esiste la possibilità che lo psicologo possa accettare questo incarico o dovrà per forza mandare la cliente da un collega?
Ricordo che gli psicologi sono anche uomini, oltre al ruolo professionale hanno anche dei principi, delle personalità, una scala di valori da seguire. Inutile dire che una nostra opinione su tale fatto è profondamente intrisa di questi elementi e, per quanto si sforzi di essere obiettiva, rimane in larga parte influenzata dalle nostre convinzioni politiche, è inevitabile evitarlo, è importante saperlo.
L’opinione che darò sarà quindi un’opinione personale, ma penso che uno psicologo debba tener conto della sua personale opinione, se deve decidere se fornire o no la sua competenza clinica.
In quanto persona con convinzioni politiche e morali e con alcune nozioni di questo campo (anch’esse influenzate delle convinzioni di chi le ha enunciate) fornisco il mio parere. Parere secondo me laico (e anche il concetto di laicità è parecchio personale).
La famiglia è un sistema, formata – se si tratta di una famiglia prototipica - da almeno 3 persone (padre, madre e figlia in cinta, se il padre del bambino è scappato via dopo aver messo in cinta l’interessata); se il padre c’è, consideriamo anche i suoi genitori ed eventuali fratelli. Un evento importante nuovo, positivo o negativo che sia, sconvolge l’equilibrio che regge tale sistema.
Tale sconvolgimento può essere percepito dalla famiglia in questione come accettabile, ma, in alcuni casi può essere visto troppo pericoloso per la stabilità del nucleo familiare.
Se una famiglia ha un equilibrio già precario e sente di non essere disposta a tollerare un cambiamento talmente pesante per qualche motivo (condizioni economiche precarie, malformazione del figlio, salute della madre, problemi psichici, metteteci quello che vi pare!) mi sembra legittimo, per quanto possa essere terribile anche per chi lo fa fare, eliminare il nuovo membro. Il principio mio è questo. Spero di non essere mai costretto a fare una scelta simile, ma penso che sia preferibile eliminare una vita (quella del bambino) piuttosto che rovinarla ad almeno quattro persone in seguito allo sconvolgimento dell’equilibrio omeostatico della famiglia che nasce in seguito all’avvento del nuovo elemento (la madre del bambino, il padre di lei padre, la madre di lei e il bambino che crescerà in questa famiglia scombinata, per non contare il padre del bambino con il relativo seguito familiare, in caso il padre del bambino rimanga).
In ogni caso, secondo me, la decisione di interrompere la gravidanza spetta principalmente alla donna, l'utero è suo e penso che se uno psicologo, se si sente in grado di accogliere la sua richiesta di consulenza, gliela debba fornire.
Inutile dire che uno psicologo cattolico credente avrà una concezione totalmente diversa della mia e, siccome anche lui ne deve tener conto, approverei la sua decisione, in quanto persona con idee diverse da me.
Ora che ho detto la mia, vorrei che anche gli altri lo facessero. Chiunque può dare la sua opinione se vuole, la discussione è aperta anche ad aspiranti sociologi, politici, genitori, teologi, preti, papi, rompipalle, vescovi, filosofi, credenti e chiunque mi sia dimenticato di inserire nell’elenco e pensa di dovervi appartenere.