Andreotti "number nine... number nine..."
dal blog di Daniele Luttazzi:
“Anche a me risulta che Moro si sentisse scavalcato da Andreotti.”
Giovanni Pellegrino, presidente della Commissione Stragi
(La Repubblica, 18 aprile 2001)
“Simili emozioni credo di averle vissute quando mi comunicarono il rapimento di Moro.”
Giulio Andreotti a proposito dell’attentato al WTC
(Sette, 20 settembre 2001)
“Sì, è vero. Gli piacevo molto. Ebbe per me un sincero innamoramento.”
Rosanna Fratello a proposito di Aldo Moro,
(il Messaggero, 8 marzo 2002)
***
“Venga, onorevole”, disse ad Andreotti Prospero Gallinari con tono deciso. “Non vorrei proprio perdere tutta la notte. Devo tornare a casa da mia madre.” Nella sua figura massiccia di terrorista c’era qualcosa di irrisolto. La replica di Andreotti fu venata da una nota di sarcasmo:”Deve tornare da sua madre? Non sapevo che voi brigatisti ne aveste una, eh eh eh.”
Gallinari arrossì imbarazzato e distolse lo sguardo. “Stronzo! “ pensò. Succedeva sempre così: siccome era alto e aveva un pomo d’Adamo importante, lo trattavano da tonto. Una volta ne aveva parlato anche con Morucci, il quale non aveva mancato di rassicurarlo. “Conosci il tuo lavoro, hai talento e capacità; dimentica le insicurezze e vai avanti,” gli aveva detto il suo capocolonna con enfasi.
Gallinari si sforzò di indurire il suo faccino grazioso, ma che si può ottenere quando si ha un nasino all’insù punteggiato di lentiggini e labbra grandi e morbide? Andreotti nemmeno le notò, le sue lacrime.
Attraverso un corridoio male illuminato raggiunsero la porta interna del garage. Gallinari l’aprì, manovrò un interruttore e Andreotti si trovò davanti alla Renault rossa.
Il cadavere di Aldo Moro era caldo. Gallinari si voltò verso Andreotti. Lo sguardo di questi, dapprima sostenuto e quasi solenne, si addolcì piano piano. Il volto gli si schiuse in un sorriso, i denti smaglianti ancora più bianchi in contrasto con la pelle, abbronzata dal sole di Sicilia. Gallinari gli indicò il bagno ampio e lo spogliatoio con il fare delperfetto padrone di casa. “C’è tutto quello che le può servire, onorevole. Si metta a suo agio e si diverta. La casa è una vera fortezza, i Servizi deviati: nessuno la disturberà. Domattina sarà qui Adriana. Valerio le telefonerà per sapere se le occorre qualcosa.” Andreotti non fece in tempo a ringraziare che già Gallinari era sparito: aveva fretta di andarsene e, molto semplicemente, se n’era andato. Nessun mistero da chiarire.
Andreotti rimase per un po’ così, come sospeso fra il sonno e la veglia in quel silenzio assoluto. Poi s’avvicinò alla Renault , ne aprì il portellone, rimosse dal cadavere la coperta color cammello che la Skorpion di Moretti aveva trasformato in un sacco di Burri, si tolse gli stivaletti neri e si distese accanto a Moro. Avvertiva il fluire del sangue nelle proprie vene, il distendersi dei muscoli, il battito del cuore. Che bella cosa, essere vivi!
Quel che Moro aveva da offrirgli gli piaceva molto. Eppure la sua vicinanza lo turbava. Premuto contro il cadavere di lui, ne sentiva tutta l’autorevolezza e l’attrattiva. La stoffa dell’abito, fragile barriera imposta dalla civiltà, non gli impediva di apprezzare il fascino di quel corpo maschile nodoso e rattrappito. Ciò che più lo colpiva era la sensazione sconvolgente di dolcezza da cui era invaso. Si sentiva come un raggio di sole su una nuvola d’oro.
Fece scorrere le mani lungo il viso di Moro e fu più eccitante che negare di conoscere i Salvo. Era un paragone piuttosto stravagante, ma fu il primo che gli venne in mente. Gli accarezzò la gola, gli si aggrappò al collo e si impadronì con forza della sua bocca. Un sospiro profondo gli scosse il petto. Fu preso da un trasporto indicibile, era come in trance. Le sue labbra e le sue mani esploravano in un lento, dolcissimo viaggio ogni piega del cadavere. Quando con impeto crescente le sue dita raggiunsero l’interno delle cosce di Moro per insinuarsi con desiderio nella calda intimità dei fori di proiettile, Andreotti avvertì che il presidente della DC -l'ex presidente- era ormai senza più alcuna difesa. Gli sbottonò la camicia e la scagliò lontano. Finalmente poeva vedere quel petto a cui aveva tanto spesso rivolto il pensiero: era ornato nel mezzo da grappoli di orifizi. Si sfilò la cintura, gli sorrise e sgusciò fuori dai pantaloni di lana estiva, spingendoli oltre i fianchi deformi. Moro era lì, la bocca incurvata come in una smorfia di delizia o in una muta domanda.
Andreotti l’abbracciò forte e l’attirò a sé, dando un gemito di piacere e insieme di protesta nel momento in cui il suo sesso duro s’insinuò prepotente nel terzo foro parasternale. Ci fu una fitta dolorosa, attutita da un piacere troppo intenso per essere misurato. Era da tanto che non provava una sensazione così violenta, che non desiderava qualcosa così disperatamente. Era un desiderio più complesso, più insistente di quanto avesse previsto. A ogni spinta, il suo desiderio cresceva, finché non divenne insopportabile. Un’ondata più forte di tutte l’avvolse, salì vertiginosamente e poi, contro il suo volere, si consumò. Andreotti cambiò foro e il suo corpo sembrava dire:”Mai, mai ti lascerò andare...” La loro comunione fisica era perfetta. Andreotti inarcò la schiena per aderire meglio all’orifizio pseudovaginale e cominciò a basculare la pelvi. Fece scivolare le mani giù per il corpo di lui, tirandoselo ancora più vicino. Sollevò di colpo la testa e rapidamente, quasi con brutalità, prese possesso della piccola cavità. L’intima unione dei corpi lo fece di nuovo tremare in un crescendo trascinante di piacere e passione. Gli carezzava i fianchi, sedotto dalle curve femminili del corpo di Moro. Gridò il suo godimento, i suoi occhi mandavano lampi. Quindi girò il corpo di Moro e senza indugio lo prese di nuovo, stavolta in un foro d’uscita. Gli sembrò di morire ed era una morte deliziosa. Gli si aggrappò alla spalle e si lasciò guidare dal ritmo potente del suo desiderio. Prima lentamente, poi sempre più veloce, fino all’esplosione dell’estasi. Diede un lungo sospiro e s’abbandonò svuotato contro la schiena di Moro. Si sentiva bene, assonnato, soddisfatto. L’emicrania era sparita.
Fu allora che accadde. Moro si scosse e appoggiandosi a un gomito rantolò:"Sei un’amante deliziosa, Rosanna. Mi darai tempo di conoscerti, vero? Non...non sparirai?" Un brivido percorse il corpo madido di Andreotti. Si raddrizzò con un sussulto, ponendo fine all’intimità. Sul volto gli guizzò un lampo di divertita malizia al vedere le pupille di Moro che si dilatavano.
L’indomani, Morucci telefonò ad Andreotti per sapere se la serata era stata di suo gradimento. “Il senatore è occupato”, gli rispose Vitalone, riattaccandogli in faccia.
Post:
A parte l'interesse che può scaturire riguardo la veridicità storica del sopra citato racconto, è interessante riflettere su una perversione sessuale così estrema come la necrofilia.
Il racconto è a tratti così disgustoso, eppure così umano...
Non ho potuto evitare di rimanere colpito... mi domando come e perchè si vengono a creare fenomeni del genere, e in che modo uno psicologo debba porsi di fronte ad un caso del genere.