Casa Nemorense

Roma: servizi e attività. Guida ai servizi e alle imprese di Roma, mangiare, dormire divertirsi a roma

sabato, febbraio 16, 2008

Dimitri Vs. Checco: una mossa scorretta


Il sottoscritto e il checco (nella foto) stanno gareggiando in una sfida di blog.

Siamo partiti con un blog sulla politica a testa e chi alle elezioni avrà avuto più visite vincerà certamente qualcosa.

Mi comporto in maniera del tutto scorretta segnalando una battuta che comunque merita:

http://polititalia.blogspot.com/2008/02/le-ragioni-di-giuliano.html

Chiaramente censurerò ogni futuro post del checco volto a pubblicizzare il suo blog... questione di spirito Darwiniano.

Godetevi la battuta ;)

venerdì, febbraio 15, 2008

Siamo aquile o tacchini?

Spiegazione doverosa.
Le aquile volano, i tacchini no. Fantasia comune negli ambienti pedagogici è quella di riuscire a insegnare a volare a un tacchino. Il tacchino di suo non può volare, ma l’abile pedagogo è così bravo a insegnare una cosa da andare addirittura contro le leggi della natura e della gravità. Traghettiamo la metafora alla psicologia clinica. L’essere buoni psicologi clinici, il possedere la tanto favoleggiata competenza psicologica, è un qualcosa che può essere insegnato a tutti?
Uno psicologo può essere eccezionale, ma se non ha la capacità di trasmettere le sue conoscenze agli studenti è inutile in ambito formativo.
Partendo dal presupposto che le competenze cliniche siano qualcosa di diverso da quelle didattiche, è possibile che uno psicologo clinico, che le possiede entrambe, sia in grado di trasmetterle efficacemente a qualunque studente di psicologia?
E per qualunque, intendo anche gli studenti che hanno sbagliato corso di laurea, anche gli idioti, dove la competenza clinica corrisponde al volare e l’essere aquile o tacchini significa essere predisposti o no a tale disciplina.
Per esempio, l’empatia, qualità essenziale nell’intervento psicologico, si può insegnare o è una dote naturale, un dono di pochi, qualcosa che non può essere insegnato da qualcuno?
Psicologi si è o ci si diventa?
Ovviamente questa è una versione estremizzata della realtà, ma dà sempre da pensare.
In questa facoltà, ovviamente, viene agita la fantasia del tacchino. E' l'insegnamento che fa la differenza, lo studio assiduo, la capacità formativa del tirocinio e la competenza dei professori nel fornirci i criteri adatti, non una nostra naturale capacità nel parlare con le persone o nel capirle. Chi è intervenuto due anni fa alla lezione di Carli dicendo che sentiva di avere una predisposizione all’ascoltare le persone è stato bollato di ingenuità, di ragionare psicologismi o, coerentemente con il tatto carliano, di aver detto una cazzata. E onestamente, in qualunque forma abbia espresso il suo dissenso, penso che Carli avesse ragione e spero che il diretto interessato abbia capito con lo studio che aveva sbagliato.
La psicologia deve preservare la sua rigorosità metodologica, non può permettersi di scendere in particolarismi.
Certo, i particolarismi esistono, esistono eccome!
Esistono gli psicologi competenti come quelli incompetenti, esistono quelli che non sanno fare il loro lavoro ed esistono quelli non sanno formare gli studenti, sarebbe cieco affermare che siamo tutti tacchini che voleranno, che dopo tre anni di triennale e due di specialistica saremo tutti, senza eccezioni, degli psicologi competenti. I casi disperati esistono sempre, chi è tacchino dentro, tacchino rimane, chi non è empatico, chi non sa ragionare per paradigmi indiziari, chi vuole solo certezze, non sarà un buono psicologo. Negare l'esistenza dell'incapacità clinica di alcuni studenti (e forse anche di alcuni professori) significherebbe negare l'esistenza di un problema pericoloso.

Ma non bisogna nemmeno fare il ragionamento contrario: non bisogna ricondurre la competenza psicologica unicamente a qualità personali.
Le doti esistono senz’altro, ma vanno fatte maturare, vanno sfruttate all’interno di un buon contesto formativo.I geni esistono, ma non sono la regola, sono le eccezioni. Con la psicologia, chi si appoggia unicamente alle doti innate degli psicologi, alla loro empatia, al loro intuito, alla loro stabilità psichica, in realtà dice così perché spera di possedere queste doti innate magari sbaglia. E chi gli dà retta cade in un turbine di fatalismo col quale, se uno non dimostra di avere queste doti, non potrà mai sperare di migliorare la propria condizione, né con l’esperienza, né con lo studio. Se le basi di una disciplina poggiano interamente su queste doti, questa disciplina perde di credibilità, a quel punto tutti possono fare gli psicologi, ingegneri, letterati, medici filosofi possono dire la loro in virtù della loro presunta dote innata. E se tutti, in nome delle loro fantomatiche virtù, sono in grado di erogare competenze psicologiche, alloro lo psicologo cessa di avere qualsiasi utilità.