L'influsso fancazzista di irtimiD sta corrompendo il mio animo di studente più o meno studioso.
Dovrei dedicarmi al libro di "Tecniche dell'intervista e del questionario", ma la cosa non mi alletta un granchè e preferisco dedicarmi a una lunga e superflua dissertazione pseudo-filosofica.
Ieri, dopo il mitico festino a casa Nemorense, mi sono fatto dare uno strappo da Kekko per prendere l'autobus.
Durante il tragitto, mentre il povero Kekko sperava inutilmente che le nostre discussioni finissero, così se ne poteva andare a dormire, gli occupanti dell'auto si sono dati a una di quelle piacevoli conversazioni intellettuali, favorita dal clima conviviale e dagli svariati ettolitri di spumante igurgitato.
La discussione è arrivata a colpire un tema che prima o poi ci coinvolgerà tutti in un modo o nell'altro: l'incontro con i filosofi. Inutile dire che, oltre a tutti i problemi che avremo collegati con la mancanza di lavoro, dovremo prima o poi imbatterci in un dibattito epocale contro uno studente, laureato o non, proveniente da un'altra facoltà. E allora saranno botte, specialmente quando lo studente in questione sarà un filosofo. Io penso che sarà con loro che dovremo discutere più spesso, perchè filosofia e psicologia sono sempre state in perenne competizione, la psicologia non è altro che una serpe che la filosofia si è covata in seno, fino a quando non c'è stata una rottura finalmente netta fra le due discipline.
Viene naturale pensare che l'erba del vicino è sempre più verde della tua. Noi psicologi invidiamo i fisici, pensiamo che loro stiano bene perchè hanno a che fare con fenomeni tangibili e hanno una solida tradizione epistemologica che li tiene uniti, mentre noi abbiamo a che fare con la mente umana, che è un elemento troppo complesso da poterci permettere di elaborare leggi generalizzabili a tutta l'umanità e gli psicologi delle varie scuole raramente sono d'accordo su metodi e teorie. Senz'altro questa è una bieca riduzione, perchè anche i fisici hanno i loro problemi: molti fenomeni sono tutt'altro che tangibili e la fisica ha subito più volte sconvoglimenti violenti all'interno di essa, ad esempio con la teoria della relatività e col principio di indeterminazione, tanto per menzionarne alcuni. Sicuramente anche i fisici proveranno invidia di altri e questi altri pure e così fino all'infinito.
Quello che sto per dire è un'opinione assolutamente personale e profondamente opinabile, decisamente influenzata dal mio alto coinvolgimento emozionale. Non mi stupirò se avete un'opinione diversa e non intendo criticarvi nel caso ce l'abbiate.
Il dramma di noi psicologi è che, oltre ad essere divisi all'interno della nostra stessa disciplina, dobbiamo litigare per la sopravvivenza con le altre scienze umane. I fisici non hanno questo tipo di problema perchè hanno un'area di studio ben delineata, di cui quasi solo loro si occupano. Solo un fisico può tenere un seminario sulla termodinamica perchè solo lui ha una competenza che glielo permette; se a uno psicologo venisse la folle di idea di tenere una lezione su quell'argomento verrebbe preso a pesci in faccia e a ragione.
Noi psicologi non godiamo dello stesso privilegio.
Qualunque idiota può parlare liberamente di costrutti psicologici, quindi gli psicologi non hanno la garanzia di una competenza esclusiva riconosciuta.
Prendiamo un argomento che può essere analizzato da uno psicologo: la scuola.
Lo stesso argomento può essere trattato praticamente da chiunque: da un sociologo, da una formatrice, da un insegnante, da un prete, da un filosofo anche da un ex-studente pluri-ripetente che si mette a parlare di quando si faceva le canne nel cortile ai tempi del liceo.
Non c'è niente che impedisca a uno di questi di invadere il campo di studio dello psicologo.
Per questo motivo io credo che la situazione di uno psicologo sia immensamente complicata. C'è una sorta di "guerra dei poveri" combattuta dagli studiosi di scienze umane che cercano di litigarsi la committenza.
Gli psicologi litigano con i sociologi, i sociologi litigano con i teologi, i teologi litigano con i formatori, i formatori litigano con i filosofi; e i "fortunati" studiosi di materie scientifiche, che possono fare già affidamento a lavori meglio retribuiti, se la ridono nel vederci litigare in questo modo.
Cosa devono fare i poveri psicologi?
Lottare. Difendere il proprio campo di competenza a suon di calci e sputi, cercare di compattare i ranghi quando possibile e cercare di prendere le distanza da quegli psicologi deficenti che cercano di banalizzare la psicologia o si improvvisano un po' maestrine, un po' filosofi.
Dobbiamo imparare a diventare versatili, flessibili, senza pretendere che il cliente accetti in blocco un pacchetto di servizi che non ritiene utile. Dobbiamo conoscere i nostri nemici e imparare da loro: imparare dai sociologi a evitare di considare la mente dell'essere umano come un elemento acontestualizzato; imparare dai formatori a gestire gruppi e lavorare nelle scuole senza fare figuracce; imparare dai filosofi a gestire un confronto dialettico.
Ovvio che fra il dire e il fare c'è in mezzo il mare, ma spero di aver reso l'idea: io penso (e questo significa che è un pensiero mio e forse solo mio) che filosofi, formatori, teologi, sociologi e co. siano concorrenti e quindi, nostri nemici.
E noi dobbiamo conoscerli, dobbiamo imparare da loro, dobbiamo essere aperti a uno scambio di conoscenze e informazioni. Così poi li possiamo massacrare.