Casa Nemorense

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lunedì, novembre 05, 2007

Ossessione da misura.

Stendiamo un velo pietoso sulla scientificità/non scientificità della psicologia. Quello merita un post a parte che spero che qualcuno prima o poi faccia perché mi sono rotto di scrivere sempre io. E’ comunque innegabile l’impossibilità di poter misurare gran parte delle variabili psichiche. Due righe per dire cose che già sappiamo da parecchio: non ci sono misure universali per la psicologia, ci sono correnti che le rifiutano e correnti che le impongono, molti costrutti fanno riferimento alle teorie d’origine, non esiste accordo alcuno sui metodi di somministrazione, campionamento, misurazione e linguaggio. Quindi, escludendo alcune scale che, a livello di validità e attendibilità reggono, è stupido parlare di misure psichiche. Questo discorso va applicato anche ai criteri di valutazione negli esami, il voto non è sempre una misura esauriente. Per questo motivo ho sempre apprezzato gli esami di idoneità (anche se non apprezzo, come ho già detto, la scelta di impedire ai bocciati di fare l’appello dopo).
Perché anche il tipo di impostazione dell’esame aiuta a capire un concetto di fondo.
La competenza clinica in alcuni casi o ce l’hai o non ce l’hai e, sperando che la correzione non sia arbitraria, così che va valutata.
Che senso ha dire “io sono più competente di te” “io sono più maturo di te” “io ho sofferto più di te”?
Sono tutte vaccate perché la competenza, la maturità, il dolore sono cose relative!
Senza contare che, per esempio, come prova della competenza vengono portate argomentazioni che ostentano dati che non c’entrano un cazzo con la presunta competenza.
Quante volte abbiamo sentire “ho preso trenta” come per dire in sostanza che “sono più competente di te”?
Questo uso e abuso di voti come indice di competenza è comprensibilissimo, per carità, se uno prende trenta, lo va a dire in giro, è questo il bello dell’averlo preso, ma viene spesso dimenticato che questo non significa che la competenza dell’interessato è sicuramente eccezionale, perché pure io ho preso qualche trenta, ma non è detto che sia competente, come molti spesso mi ricordano.
Il voto è un modo per distinguerci e permettere a future selezioni di sceglierci in base a questi criteri, che non saranno necessariamente infallibili. E’ un modo per scegliere quelli migliori e bidonare gli idioti, anche se purtroppo può capitare che gli idioti hanno la laurea a 110 e lode e gente brillante non batte un chiodo, perché i criteri non erano tanto validi.
Il voto è una maniera difensiva per definire il nostro ruolo come dire “ho la media del 30”, in modo da giustificare i nostri sforzi e gratificarli con un risultato che ha un’indubbia efficacia sociale.
Ma il voto in sé non è predittivo dell’efficacia del trattamento che farà lo psicologo in questione quando eserciterà. Forse nelle altre discipline il voto è realmente predittivo di una maggiore competenza, ma in psicologia no.
Non esistono psicologi più bravi di altri, esistono psicologi diversi gli uni dagli altri, psicologi che in base al modello che hanno scelto o al modo in cui l’hanno interpretano erogheranno diversi servizi ai diversi clienti che, a seconda della compatibilità fra cliente e servizio offerto, mostreranno un grado di soddisfazione/insoddisfazione. E se c’è qualche psicologo pirla (e ce ne sono) è perché non dovevano avere la laurea, perché non erano competenti come sembrava, ma sono riusciti a sembrarlo.
Pertanto, ogni volta che un membro o visitatore del blog sfoggia i suoi 30, come per spiattellare la prova della sua competenza (anche io ho fatto così, come ho scritto qualche riga fa), non vi fidate. Senza contare il fatto che, in realtà, non sta facendo a gara a “chi è più competente”, ma cerca di vincere a “chi ha l’uccello più grosso”. E dire questa cosa, all’interno di un corso di laurea a maggioranza femminile equivale a cecità contestuale e oltretutto, è giocare sporco.