Casa Nemorense

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mercoledì, novembre 28, 2007

Post faggianico




Ricevo dal faggiano e pubblico:


Colgo la palla al balzo dal Kekko per poter dare inizio alla più selvaggia discussione su un tema che, prima di iscriversi a psicologia ci sembrava un’eresia e ora purtroppo sta diventando più reale di quanto mai avessimo pensato.

Mi sembra di rivedermi: sbarbatello, paffuto, pieno di speranze che con un sorriso a 95 denti alla fatidica domanda dei professori “Allora, che vuoi fare dopo la maturità” rispondere “Studierò Psicologia”. Cosa è cambiato da allora? Che di denti ne ho di meno a furia di tranvate prese dalla sapienza. Intendiamoci (e lo dico per deformazioni professionale) una tranvata può anche essere una risorsa. Eh sì perché se penso a come era il mio atteggiamento riguardo alla psicologia ne viene fuori un misto fra utopico e romantico (nel senso di ottocentesco): una Scienza (con la SC maiuscola) unitaria (forse monolitica?) che fornisce risposte a problemi, spiega le CAUSE dei comportamenti umani (in questo caso è tutto maiuscolo), e CURA i PAZIENTI dalle MALATTIE MENTALI.

Eh, povero Coglione (con la C maiuscola)!

Immaginiamo la mia fantasia sulla psicologia come un pugile sul ring…come avversario ci mettiamo Renzo Carli, con tutte le rappresentazioni neoemozionali possibili. Ecco se prendiamo questo metro di riferimento il primo montante sicuramente è arrivato dal test d’ingresso. C’era da scegliere fra 4 canali diversi, tutti con nomi affascinanti (e ovviamente sono sarcastico). Anzi no, c’era da scegliere innanzitutto fra 2 facoltà!!! Psicologia 1 e Psicologia 2. Cosa comunica questo al povero studente ignaro? Pensiamo alle fantasie che si possono fare a riguardo: magari psicologia 2, ha il numero 2 perché è meno importante; oppure ha il numero 2 perché è la discarica dei poveri sfigati che, non avendo passato il test d’ingresso per la prestigiosa PSICOLOGIA 1, ripiegano più umilmente sulla 2; oppure ancora, e forse questa è la più importante, io nella mia vita voglio essere uno PSICOLOGO 1 e non un fallito PSICOLOGO 2.

Ora esco dai panni dello sbarbatello alle prese con il test d’ingresso, per entrare in quelli più comodi dello studente sgamato di psicologia clinica: Ha un senso istituire BEN 2 FACOLTA’ che formano psicologi? E ha un senso fare ben 4 canali per la triennale e 5 per la specialistica, solo per formare i tanto ambiti Psicologi 1. Se volessimo usare gli strumenti studiati nella carliana psicologia delle organizzazioni, io farei l’ipotesi che l’istituzione della psicologia è altamente frammentata. E non uso a caso questa parola. Perché se in medicina si parla di specificità e specializzazione (visto che un ginecologo e un oncologo sono comunque entrambe medici ma ci sono fondamentali differenze: uno si diverte più dell’altro), lo si fa a ragion veduta: i medici hanno basi teoriche e linguaggi in comune, poi decidono di dedicare i propri studi ad una branca precisa, ma per specializzarsi CI VOGLIONO TANTI ANNI DI STUDI DI BASE.

Per lo psicologo no! Lo psicologo (e non dico che questo sia vero, ma lo si pensa quando si guarda l’organizzazione di Psicologia 1) DECIDE GIA’ DAL PRIMO ANNO QUALE SARA’ IL SUO INELUTTABILE DESTINO.

Ma tutto ciò ha un minimo di senso compiuto? Io studio psicologia clinica ed evidentemente condivido lo stesso linguaggio con i miei colleghi. Ma non credete che se parliamo di collusione i simpatici colleghi di “Diagnosi e riabilitazione” ci guardino come dei pazzi (e non so se a ragion veduta o meno)? E sempre per parlare di “diagnosi e riabilitazione”, se arrivasse qualcuno a dirci che un uomo è innamorato se al cervello arriva un determinato ormone, noi cosa diremmo? Io sono uno che pensa, e ha sempre pensato che se qualcosa è vera, allora il suo contrario è falso; questo però forse è un mio residuo di filosofia liceale. Sono uno che se sente una cosa del genere pensa “ok, qui uno dei due dice una stronzata. O il concetto della collusione è una vaccata o quell’ormone è una patacca”. Però accettiamo anche che si possano integrare queste due visioni. Il problema è un altro.

Perché la mia formazione psicologia sarà radicalmente diversa, nonostante mi trovi all’interno dello stesso edificio, rispetto ad altri colleghi? Perché la psicologia continua a lavorare a compartimenti stagni senza integrare e cercare di dare una formazione un po’ unitaria? E qui arriva la terza domanda, quella che porterà alla mia crocefissione: ma sarà mica meglio il sistema americano (stile DSM IV) dove psicologi, psichiatri e sociologi, pur avendo diversi approcci a problemi simili, parlano comunque la stessa lingua?

Che inizi la discussione!

lunedì, novembre 26, 2007

Psicologia della vecchiaia.

Sto seguendo il corso di Sviluppo “Sviluppo sessuale e affettivo” della prof Simonelli. E’ una ficata ed è qualcosa di completamente diverso da quello che facciamo nel nostro. Per i maliziosi: mi trovo bene nel mio corso di laurea, sono soddisfatto della mia scelta e, anche se a volte lo critico non preferisco gli altri, ho solo intenzione di dare esami di altri corsi di laurea per avere una conoscenza più completa. Il corso di Sviluppo, ad esempio, non ho mai avuto intenzione di farlo e ora ne sono sempre più convinto. Fra le proposte delle lauree magistrali e specialistiche oggi si diceva che è in programma di creare due corsi, uno per l’adolescenza e uno per la vecchiaia. Ho come l’impressione che quello dell’adolescenza sarà parecchio più gettonato, dato che secondo il mio parere personale la psicologia della vecchiaia non è che sia il massimo per uno studente di 20-30 anni.
In concomitanza con le discussioni di queste settimane nel corso di “sviluppo affettivo” sono state fatte lezioni sulla terza-quarta età. Questa fase vitale viene presentata come una vittima di stereotipi pesanti, non è vero che gli anziani si richiudono in se stessi, rinunciano alla vita sociale, lavorativa e sessuale. La vecchiaia è presentata come un’età interessante per chi la vive e per chi la studia e sono stati anche descritti casi di vecchi che copulano come ricci a ottantanove anni. Non so se questo ultimo dato sia la regola o l’eccezione, ho sempre pensato fosse la seconda e il corso non ha esposto statistiche che confutassero questa opinione.
Fatto sta che queste lezioni sulla terza età sono uscite fuori proprio quando si parlava di questa faccenda della possibile creazione di un corso specializzato nella vecchiaia.
Coincidenza? Chissà…
Comunque la questione non mi ha tanto colpito per il rischio in sé della possibile creazione di questo corso, è un problema principalmente per quelli di sviluppo alcuni dei quali, al limite, potrebbe tentare di convergere nella specialistica riservata all’ambito clinico.
La cosa che mi ha scocciato è che hanno bocciato la controproposta della Simonelli, ovvero la possibilità di creare un corso di sessuologia clinica.
Motivo della bocciatura (contestato oltretutto dalla stessa Simonelli) è che non ci stanno abbastanza professori per tenerlo. Il corso sarebbe difficile da creare perché necessita di una collaborazione con la facoltà di Medicina.
Il fatto è questo.
Per prima cosa è uno schifo che ancora non esistano possibilità di creare una collaborazione fra discipline diverse, importante per qualsiasi facoltà, in particolare per la psicologia. Questa gran sola della laurea 3+2 dovrebbe avere in teoria il pregio di essere flessibile, versatile, variegata. Ma le logiche che reggono l’organizzazione sono ancora fondamentalmente quelle della laurea di cinque anni, il risultato è che studiamo di più e impariamo di meno e che la laurea nella quale stiamo rimane poco versatile. L’unica cosa che i professori sono riusciti a fare in questo caso è aumentare il numero di libri che dobbiamo studiare, dato che sono quasi tutti libri scritti da loro.
Secondo punto.
Anche la psicologia della vecchiaia richiede la partecipazione di medici, quindi è una stronzata la storia che non è possibile creare questa fantomatica collaborazione fra medici e psicologi. Per sessuologia forse ci vorrebbe qualche sforzo in più, ma non sarebbe una cosa impossibile.
La verità è che i professori preferiscono cambiare poco le cose, la didattica non intendono cambiarla radicalmente e si limitano ai cambiamenti più comodi. Perché in fondo, fare lo psicologo della vecchiaia riesce loro più facile, l’età media del corpo docente è già superiore ai 50 anni!
E in questo modo creano solo un’ultraspecializzazione nella professione psicologica, cosa che per me è già di per sé stupida, ma la vogliono aggravare. Senza contare che l’offerta formativa non va incontro agli studenti.
E’ come andare in pasticceria e chiedere Vorrei due etti di cioccolatini!
Il pasticcere prende la paletta, riempie un sacchettino e dopo che l’hai pagato e aperto per mangiarlo se ne esce fuori: Guarda la cioccolata è finita. Però ti ho dato mezzo chilo di merda. Buon appetito!

domenica, novembre 25, 2007

Zio Carli o dott. Fester?

Potete dire che vi pare, ma il ghigno lo fanno uguale!