Post faggianico
Ricevo dal faggiano e pubblico:
Colgo la palla al balzo dal Kekko per poter dare inizio alla più selvaggia discussione su un tema che, prima di iscriversi a psicologia ci sembrava un’eresia e ora purtroppo sta diventando più reale di quanto mai avessimo pensato.
Mi sembra di rivedermi: sbarbatello, paffuto, pieno di speranze che con un sorriso a 95 denti alla fatidica domanda dei professori “Allora, che vuoi fare dopo la maturità” rispondere “Studierò Psicologia”. Cosa è cambiato da allora? Che di denti ne ho di meno a furia di tranvate prese dalla sapienza. Intendiamoci (e lo dico per deformazioni professionale) una tranvata può anche essere una risorsa. Eh sì perché se penso a come era il mio atteggiamento riguardo alla psicologia ne viene fuori un misto fra utopico e romantico (nel senso di ottocentesco): una Scienza (con la SC maiuscola) unitaria (forse monolitica?) che fornisce risposte a problemi, spiega le CAUSE dei comportamenti umani (in questo caso è tutto maiuscolo), e CURA i PAZIENTI dalle MALATTIE MENTALI.
Eh, povero Coglione (con la C maiuscola)!
Immaginiamo la mia fantasia sulla psicologia come un pugile sul ring…come avversario ci mettiamo Renzo Carli, con tutte le rappresentazioni neoemozionali possibili. Ecco se prendiamo questo metro di riferimento il primo montante sicuramente è arrivato dal test d’ingresso. C’era da scegliere fra 4 canali diversi, tutti con nomi affascinanti (e ovviamente sono sarcastico). Anzi no, c’era da scegliere innanzitutto fra 2 facoltà!!! Psicologia 1 e Psicologia 2. Cosa comunica questo al povero studente ignaro? Pensiamo alle fantasie che si possono fare a riguardo: magari psicologia 2, ha il numero 2 perché è meno importante; oppure ha il numero 2 perché è la discarica dei poveri sfigati che, non avendo passato il test d’ingresso per la prestigiosa PSICOLOGIA 1, ripiegano più umilmente sulla 2; oppure ancora, e forse questa è la più importante, io nella mia vita voglio essere uno PSICOLOGO 1 e non un fallito PSICOLOGO 2.
Ora esco dai panni dello sbarbatello alle prese con il test d’ingresso, per entrare in quelli più comodi dello studente sgamato di psicologia clinica: Ha un senso istituire BEN 2 FACOLTA’ che formano psicologi? E ha un senso fare ben 4 canali per la triennale e 5 per la specialistica, solo per formare i tanto ambiti Psicologi 1. Se volessimo usare gli strumenti studiati nella carliana psicologia delle organizzazioni, io farei l’ipotesi che l’istituzione della psicologia è altamente frammentata. E non uso a caso questa parola. Perché se in medicina si parla di specificità e specializzazione (visto che un ginecologo e un oncologo sono comunque entrambe medici ma ci sono fondamentali differenze: uno si diverte più dell’altro), lo si fa a ragion veduta: i medici hanno basi teoriche e linguaggi in comune, poi decidono di dedicare i propri studi ad una branca precisa, ma per specializzarsi CI VOGLIONO TANTI ANNI DI STUDI DI BASE.
Per lo psicologo no! Lo psicologo (e non dico che questo sia vero, ma lo si pensa quando si guarda l’organizzazione di Psicologia 1) DECIDE GIA’ DAL PRIMO ANNO QUALE SARA’ IL SUO INELUTTABILE DESTINO.
Ma tutto ciò ha un minimo di senso compiuto? Io studio psicologia clinica ed evidentemente condivido lo stesso linguaggio con i miei colleghi. Ma non credete che se parliamo di collusione i simpatici colleghi di “Diagnosi e riabilitazione” ci guardino come dei pazzi (e non so se a ragion veduta o meno)? E sempre per parlare di “diagnosi e riabilitazione”, se arrivasse qualcuno a dirci che un uomo è innamorato se al cervello arriva un determinato ormone, noi cosa diremmo? Io sono uno che pensa, e ha sempre pensato che se qualcosa è vera, allora il suo contrario è falso; questo però forse è un mio residuo di filosofia liceale. Sono uno che se sente una cosa del genere pensa “ok, qui uno dei due dice una stronzata. O il concetto della collusione è una vaccata o quell’ormone è una patacca”. Però accettiamo anche che si possano integrare queste due visioni. Il problema è un altro.
Perché la mia formazione psicologia sarà radicalmente diversa, nonostante mi trovi all’interno dello stesso edificio, rispetto ad altri colleghi? Perché la psicologia continua a lavorare a compartimenti stagni senza integrare e cercare di dare una formazione un po’ unitaria? E qui arriva la terza domanda, quella che porterà alla mia crocefissione: ma sarà mica meglio il sistema americano (stile DSM IV) dove psicologi, psichiatri e sociologi, pur avendo diversi approcci a problemi simili, parlano comunque la stessa lingua?
Che inizi la discussione!