Casa Nemorense

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martedì, dicembre 18, 2007

Paradigma indiziario: puntata seconda.

MacCarligan avrebbe preferito andarsene a casa sua a sollazzarsi con le due amiche straniere che lo aspettavano pronte per lui. Le due amiche si chiamavano vodka e tequila, roba la quale i federali gli avrebbero potuto far passare guai, ma valeva la pena correre il rischio per loro, il loro sapore era ancora più buono da quando avevano vietato gli alcolici. E poi, erano un regalo del suo spacciatore preferito, un immigrato napoletano che stava nel giro e aveva roba buona. Ma purtroppo, avrebbe dovuto rimandare quel rendez-vous. Con cenno del capo chiamò il suo vice e andò ad aspettarlo nel suo ufficio.
Max Fat era un uomo sulla cinquantina, aveva sempre uno sguardo mite, inforcava un paio di occhiali e portava sempre addosso un cappotto di cammello e un cappello marrone, sembrava una persona squisita, pacata, occasionalmente timida. Ma sotto sotto era un gran figlio di puttana, non nel senso cattivo, ma nel senso che era uno che sapeva come funzionava la vita e come fregare il prossimo. E il fatto di avere quel faccino da simpatico angioletto tranquillo lo aiutava nel suo lavoro. Aveva alle sue spalle un curriculum di guardone invidiabile. Forse aveva cominciato per hobby, ma aveva evidentemente deciso di unire l’utile al dilettevole ed era diventato un investigatore privato, della peggior specie, un pedinatore eccezionale. Aveva anche qualche trascorso come paparazzo e se la passava bene economicamente, magari qualche foto che aveva scattato era parecchio scottante. Spesso entrava nel commissariato con la sua fedele Kodak ultimo modello e un paio di volte, era stato visto arrivare con un occhio nero, evidentemente era stato beccato.
Max era sempre felice quando si trattava di violare la privacy di qualcuno e cercava di nascondere l’impazienza con la sua tipica flemma, ma a MacCarligan, che lo conosceva bene, non sfuggiva niente. Gli spiegò il suo compito.
Fat doveva – con la dovuta discrezione – cercare di sapere quanto più possibile su Lombard e sul suo enorme nasone. Quest’ultimo non aveva detto che cosa fosse il manoscritto rubato, neanche quando MacCarligan glie l’aveva chiesto. Fat avrebbe dovuto cercare di capirci qualcosa di più e anche vedere scoprire qualcosa su di lui.
MacCarligan sarebbe invece andato nella villa di Lombard, a interrogarne gli inquilini.

La villa di Lombard era un qualcosa di estremamente sontuoso, aveva avvisato il proprietario che sarebbe andato a farvi un’ispezione, questi aveva detto che era occupato, ma che comunque avrebbe trovato la governante.
La governante, Nadia Battist, era una donna sulla quarantina, lo accolse con uno sguardo inebetito quando entrò nella casa, dicendo che era della polizia. L’espressione della governante era profonda e intelligente quanto un muro di mattoni, si stupì che riuscisse a parlare e non le colasse un rigagnolo di bava dalla bocca.
Lei è la governante di questa villa? Le chiese.
Sì. Rispose quella con voce atona.
Dov’era la notte del 17 ottobre?
Perché vuole saperlo?
Sono io che le faccio le domande! Dov’era?
Cosa vuole che le risponda?

MacCarligan già la voleva uccidere, non sapeva se ci era o ci faceva. Non vedeva segni di lobotomia. Ci faceva
Perché non vuole rispondermi? Forse potrebbe dirlo al mio amico Franklin. E prese il portafogli per tirare fuori un centone.
Non conosco nessun Franklin. Mi aveva detto che entrava solo lei.
Si era sbagliato, non stava facendo la furba, era proprio scema. Invece di darle il centone, le mise in mano un banconota da cinque dollari. Magari fra qualche minuto sarebbe riuscita a capire che la stava corrompendo per avere informazioni, ma non era detto e non era una buona idea buttare via cento dollari.
La donna prese in mano la banconota e la guardò stupita, come se le avesse dato in mano qualcosa di sconosciuto.
Ma Carligan credeva che prima o poi ci sarebbe arrivata, con tutte le mazzette che giravano in quel periodo alla fine avrebbe capito che la voleva corrompere, il contesto l’avrebbe aiutata.
Nel dubbio decise di ricorrere a domande chiuse.
Lei era in questa casa il 17 ottobre vero?
Sì. Rispose lei
Era sola vero?
Sì.
Lei lavora da sola in casa?
No.
E alla fine, doveva fare la domanda più difficile. Una domanda che avesse una risposta che consistesse in qualcosa di più che un sì o un no.
Chi le doveva fare compagnia quella notte? Come si chiama?
Luis Lion.

E c’era quella notte?
No.
MacCarligan esultò mentalmente, dato che riusciva a vedere una speranza. Ma gli sembrava troppo farle una domanda complessa. Meglio chiedere al diretto interessato.
Dove lo posso trovare?
Non glielo dico. Vorrei vedere il suo amico Franklin. E sul volto di lei apparve un’espressione che poteva dirsi intelligente. C’era arrivata finalmente, peccato che dovesse dire addio al centone. Le porse una banconota.
Lo può trovare questa sera alla Washington Avenue, nel seminterrato della merceria “Josephine”.
Grazie, arrivederci.
Disse MacCarligan soddisfatto.
Era straordinario, la donna alla fine era riuscita a mostrare uno sputo di intelligenza, forse si doveva essere pazienti per arrivare fino a quel momento. Ma non era proprio una scheggia: le aveva rifilato un’altra banconota da cinque dollari invece che da cento. Era il momento di fare due domandine a Luis Lion.
Continua...

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